In te mi ri-conosco. Il potere curativo della lettura

Dott.ssa Anna RossiPsicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria

“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso”
- Marcel Proust

“Questa è la parte più bella di tutta la letteratura:
scoprire che i tuoi desideri sono desideri universali,
che non sei solo o isolato da nessuno. Tu appartieni”
- Francis Scott Fitzgerald

Raccontarsi fa bene. Lo sanno bene gli psicoterapeuti che individuano nella narrazione delle storie di vita dei pazienti il mezzo attraverso cui approdare a maggiori livelli di benessere. Raccontarsi rende visibili, a sé stessi e al mondo. Apre a uno spazio di condivisione con l’altro, magari proprio nel territorio tanto temuto delle umane fragilità. Dà alle storie vissute la possibilità di essere ascoltate e accolte con curiosità, che deriva dal latino cura, con interesse autentico e in sospensione di giudizio. Raccontare storie crea alleanze, ci unisce intimamente a chi le ascolta.

Raccontarsi equivale a ripercorrere le esperienze di vita passate alla presenza di un testimone, per riattualizzarle e conferirgli finalmente un senso. Un senso che magari è precario, rimodellabile, non definitivo. Ma che comunque è senso, e come tale è capace di offrire continuità, coerenza e unitarietà a ciò che siamo e sentiamo. Raccontarsi in terapia vuol dire scrivere e ri-scrivere la propria storia. In un modo inedito, personale, creativo, che sia fonte di riappacificazione con il passato e trampolino di lancio per un salto responsabile verso il possibile.

Raccontarsi attraverso la scrittura al di fuori dallo spazio terapeutico è in fondo qualcosa di molto simile a quanto abbiamo detto. E forse lo sapevano bene quegli autori del presente e del passato che hanno fatto della scrittura il loro personale antidoto al dolore. Che attraverso la creazione di mondi e storie hanno dato spazio ai quei vissuti, a quei desideri, a quella sofferenza e a quegli incalzanti interrogativi esistenziali che non hanno trovato altra collocazione nel mondo là fuori. Che hanno così conferito diritto a esistere al proprio punto di vista sul mondo, anche quando questo è pieno di zone di ombra e di contraddizioni non risolvibili. Che hanno potuto finalmente affidare a nomi e personaggi quella coralità di voci custodita nel loro animo e un significato a quello, poco o tanto, che della vita hanno avuto modo di assaporare.

Se raccontare fa bene, e lo fa, cosa succede quando apriamo le porte alle storie di un altro? Marielle Macé, direttrice di ricerca presso il CNRS e docente di letteratura all’EHESS e alla New York University, si affaccia ad indagare su quello che accade nella mente del lettore da una prospettiva che rimanda all’attività, ormai nota ai più, dei neuroni specchio. In Façons de lire, manières d’être la stessa afferma: “L’esperienza concreta del senso ha una vera dimensione motrice, e non soltanto intellettuale. Guardando il fare o pensare dei personaggi, noi abbozziamo in effetti dei gesti o degli pseudo-gesti; […] la comprensione non è inerte, consiste per l’appunto nell’attivare in noi delle simulazioni gestuali […]”. E non possiamo che essere d’accordo con lei. Leggere svolge un’importante funzione nella comprensione della mente altrui e nel potenziamento dell’empatia. Consente di sviluppare una migliore teoria della mente, come dimostra lo studio di David Comer Kidd ed Emanuele Castano della New School for Social Research di New York, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science. "Proprio come nella vita reale, la letteratura è ricca di individui complessi, il cui mondo interiore non si può comprendere se non con una capacità di indagine psicologica piuttosto raffinata", spiega Castano. Attraverso l’ascolto di una storia il lettore ha modo di avere accesso al mondo emotivo e cognitivo dei personaggi, di osservare le variazioni e le evoluzioni dei loro stati d’animo, di raffigurarsi le conseguenze del loro sentire e del loro agire. Leggere storie è come esser gettati dentro uno spazio laboratoriale in cui poter sperimentare le infinite sfumature dell’emotività umana e le molteplici declinazioni dell’identità. In cui poter vivere, simulando, plurime vicende. E attraverso questa sperimentazione imparare a riflettere su di sé, a comprendere meglio il proprio mondo interno, le sue sfaccettature e la sua complessità. A diventare più consapevoli dei meccanismi che sottostanno alla sofferenza, a capire che questa è una esperienza universale che ci accomuna agli altri e non ci separa. A perdonare i nostri limiti e a essere più compassionevoli con le nostre vulnerabilità. A coltivare la fiducia nel cambiamento che poi è la legge della vita.  

Le storie di altri ci danno la possibilità di incontrare e accostarci, gradualmente e senza scossoni, a quelle emozioni che ci riguardano da vicino ma che tendiamo a rifuggire, per paura di dovercele riconoscere addosso e di doverle affrontare. Vederle agire in personaggi che sono altro da noi ci aiuta a renderle familiari, meno spaventanti. Ci insegna a tenercele accanto senza timore.

La narrativa è dunque, a tutti gli effetti, un potentissimo strumento di autoesplorazione e cura. E, nel corso di una terapia, può farsi il luogo in cui paziente e terapeuta si danno appuntamento per poi incamminarsi, insieme, verso altre possibilità .


Dott.ssa Anna Rossi
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria

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Dott.ssa Anna Rossi
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria

Iscritta dal 2007 all’Albo degli Psicologi della Regione Calabria n. 1052
Laureata nel 2005 in Psicologia, indirizzo psicologia del Lavoro
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