Capire il disturbo ossessivo compulsivo

Disturbo post traumatico da stress - Dott.ssa Anna RossiPsicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria

La vita è l’arte di disegnare senza una gomma.
- John W. Gardner

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è un disturbo caratterizzato da pensieri, immagini o impulsi che spingono la persona a mettere in atto condotte ripetitive sul piano materiale (come ad esempio lavarsi le mani) o mentale (come ripetere formule o contare).

Nello specifico le ossessioni consistono in pensieri, impulsi o immagini mentali che vengono percepiti come irrazionali ma al contempo disturbanti, intrusivi e al di fuori della capacità di controllo della persona (come ad esempio il timore di entrare in contatto con lo sporco, di poter procurare inavvertitamente danni a sé o ad altri, poter perdere il controllo dei propri impulsi diventando aggressivi, perversi, autolesivi oppure o ancora il dubbio persistente rispetto i propri sentimenti o il proprio orientamento sessuale). Le ossessioni generano intense emozioni di paura, disgusto, colpa, che la persona cerca di gestire mettendo in atto condotte finalizzate a trovare rassicurazione e gestire il disagio. In questo senso le compulsioni (come ad esempio il lavarsi le mani o il ripetere formule superstiziose) possono essere considerate come delle regole di comportamento, rigide e a volte bizzarre, che permettono di alleviare momentaneamente gli stati emotivi provocati dalle ossessioni e di contenere la sensazione che qualcosa potrebbe andare storto. Tuttavia le compulsioni non eliminano le ossessioni, anzi possono diventare molto debilitanti, impegnando molto tempo e dando origine a una serie di evitamenti da ambienti e situazioni che per la persona sono associabili alle ossessioni.

In questo senso è chiaro come la condotta ossessiva vada considerata, al pari di altre attività, come finalizzata al raggiungimento di scopi e alla soluzione di problemi. La persona con Disturbo Ossessivo Compulsivo, valutando come minacciosi alcuni eventi, mette in atto condotte finalizzate, più che alla sola prevenzione del danno (timore del danno), a prevenire l’accusa di non aver fatto quanto di dovere e di poter essere per questo aspramente criticato e disprezzato. È il Timore di Colpa (Mancini e Gangemi, 2004) per Irresponsabilità, diverso dal “timore di colpa della buona sorte” in cui la causa dell’ingiustizia è del tutto indipendente dalla volontà e dalla condotta del soggetto, a determinare la condotta della persona con DOC. L’importanza che “fare tutto quanto di dovere” assume per queste persone spiega la ripetitività della loro condotta (volta ad assicurare la correttezza della performance) e la relativa insensibilità che essi mostrano rispetto agli esiti positivi.

Numerosi studi hanno inoltre dimostrato come l’induzione di un forte timore di colpa per irresponsabilità, in soggetti clinici e non, modifica la percezione del pericolo e le aspettative di danno, portando a una sovrastima della probabilità di accadimento e della gravità dell’esito negativo. In queste condizioni la persona assume un assetto mentale prudenziale che lo spinge a focalizzarsi sull’ipotesi peggiore, a ricercare esempi a favore di questa e ad insistere nei processi di controllo nel caso di una sua disconferma. Questo meccanismo, definito Better Safe Than Sorry, concorre, insieme a forme di ragionamento emozionale come l’Affect As Information (“se mi sento in colpa avrò fatto qualcosa di male”) e a meccanismi automatici come la Not Just Right Experience e alla diminuzione di fiducia nelle proprie capacità mnestiche conseguente all’attivazione del timore di colpa per responsabilità, al mantenimento del disturbo. Anche le strategie che la persona utilizza per contenere i sintomi, a seguito della valutazione critica della propria condotta ossessiva, agiscono come fattori di mantenimento creando un circolo vizioso in cui queste rinforzano l’attività ossessiva: richieste di continue rassicurazioni, evitamenti, tentativi di contenimento dei sintomi attraverso condotte di contrasto e “più di prima” impediscono la messa in discussione dello scopo ultimo di prevenire una minaccia di colpa per responsabilità e l’accettazione di maggiori livelli di rischio.

Mancini ha messo a punto uno schema che consente di delineare il profilo interno del disturbo attraverso la descrizione di intenzioni e rappresentazioni personali del soggetto:

  • Evento critico: l’occasione che innesca la condotta ossessiva può sostanziarsi in un fatto concreto, in un pensiero, in un’immagine o sensazione, ma anche nel semplice dubbio che l’evento si sia verificato o nell’impossibilità di escluderlo
  • Prima valutazione: il soggetto interpreta l’evento critico come una minaccia in relazione allo scopo di prevenire una colpa per irresponsabilità o la contaminazione
  • Tentativi di soluzione di primo ordine: il soggetto mette in atto una serie di comportamenti volti a fronteggiare la minaccia percepita
  • Seconda valutazione: il soggetto valuta criticamente la propria condotta, in relazione all’esagerazione delle proprie preoccupazioni, al tipo di provvedimenti messi in atto o alle conseguenze negative che tutto ciò produrrà nella sua vita personale e familiare. In questa fase si genera un conflitto tra gli scopi che producono le condotte sintomatiche e quelli che regolano la seconda valutazione.
  • Tentativi di soluzione di secondo ordine: il soggetto mette in atto condotte finalizzate a contenere la sua preoccupazione e l’attività ossessiva, producendo spesso l’effetto paradossale di incrementarle (ad esempio aumento dei controlli mentali sulle proprie sensazioni corporee quando si trova nelle circostanze critiche per non avere poi l’impulso a ruminare)

La Terapia Cognitivo Comportamentale del DOC si avvale di:

  • Interventi psicoeducativi: al paziente vengono fornite nuove modalità di lettura di pensieri e stati d’animo.
  • Tecniche di esposizione: si stabiliscono con il paziente graduali step per affrontare l’evento o la situazione temuti (solitamente da quello meno fastidioso al più spaventoso) così da metterlo a confronto con le paure temute.
  • Eliminazione dei comportamenti di controllo: a volte talmente abituali da risultare automatici, i comportamenti di controllo sono tutte quelle azioni messe in atto per prevenire l’evento temuto (evitare di andare in certi luoghi, di trovarsi in determinate situazioni, …). Spesso sono proprio i costi che le strategie di controllo implicano a convincere la persona a chiedere aiuto.
  • Ristrutturazione cognitiva: si identificano e discutono i pensieri che mantengono la sintomatologia ansiosa, ad esempio le convinzioni di pericolo o la tendenza a catastrofizzare un evento spiacevole.

Bibliografia

Francesco Mancini, Amelia Gangemi (2004): L'influenza del timore di colpa sui processi cognitivi: il caso del disturbo ossessivo compulsivo. In: Sistemi intelligenti, (1/2004), pp. 113–144.

Francesco Mancini, (2004): Il Disturbo Ossessivo Compulsivo. In B. Bara (a cura di) Manuale di Psicoterapia Cognitiva. Torino, Bollati Boringhieri Edizioni.


Dott.ssa Anna Rossi
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria

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Dott.ssa Anna Rossi
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria

Iscritta dal 2007 all’Albo degli Psicologi della Regione Calabria n. 1052
Laureata nel 2005 in Psicologia, indirizzo psicologia del Lavoro
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