Il covid-19 ha fatto irruzione nelle nostre vite e ha stravolto lo scorrere della quotidianità di ciascuno di noi nei suoi aspetti più routinari e programmati, generando un senso diffuso di incertezza, allarme e allerta. Sono proprio queste le conseguenze caratteristiche delle "emergenze", ossia di quegli eventi improvvisi e inaspettati che sono capaci di spazzare via il nostro personale senso di controllo e di farci sentire estremamente vulnerabili (Solomon, 2003).
Come tutte le emergenze, anche quella sanitaria che stiamo vivendo, ha un forte impatto sui nostri sentimenti di fiducia e sicurezza, sulla nostra organizzazione cognitiva e sui livelli di arousal emotivo. Queste reazioni individuali sono poi mediate dai mezzi di comunicazione che, con un flusso di informazioni spesso contraddittorie, confuse, intensamente marcate sul piano emotivo, ci tengono costantemente focalizzati sul senso di minaccia limitando così la nostra capacità di avere accesso a quelle risorse interne capaci di promuovere in noi l'adattamento.
L'emozione più diffusa, quella che ciascuno di noi prova in questo momento, è la paura. Una emozione necessaria e fortemente adattiva per la sua capacità di farci adottare tutti quei comportamenti protettivi che ci consentono di proteggere noi e gli altri aderendo a quelle che, in questo caso specifico, sono le direttive del nostro Governo. Ma quando la percezione del rischio aumenta oltre l'entità e la natura del pericolo, quando la paura si trasforma in panico, è facile mettere in atto comportamenti disorganizzati, disadattivi e dannosi per noi e per gli altri (affollamento dei supermercati, fughe dalle zone rosse, incetta di viveri...).
Ci sono poi altre reazioni che in questo momento possiamo sperimentare: rabbia, tristezza, apatia, sconforto, irritabilità, negazione, distacco emozionale. Tutte reazioni che hanno un significato e che rappresentano un “normale” tentativo psicologico di reagire a una situazione "anormale" (Hartsougt, 1985)
Mentre ci atteniamo responsabilmente a rispettare tutte quelle norme necessarie a contenere il contagio e a non sovraccaricare il sistema sanitario, è importante e non secondario proteggere la nostra salute mentale, recuperando una capacità di azione che si possa sostituire a quella di semplice reazione. Se l’impatto delle emergenze sul piano psicologico e sociale va considerato nel breve e nel lungo termine, le strategie volte a fornire indicazioni psico-sociali devono volgersi non solo al trattamento dei sintomi dopo la fase acuta dell’emergenza, ma anche alla prevenzione dei disagi mentali attraverso la promozione della resilienza tra la popolazione, ossia della capacità di “resistere, adattarsi e rafforzarsi, a fronte di una situazione di rischio, generando un risultato individuale, sociale e morale” (Oscar Chapital Colchado, 2011).
Ecco dunque qualche strategia concreta per riorganizzare positivamente e attivamente la nostra vita entro i limiti dettati da questa condizione, per recuperare la percezione di controllo sul nostro tempo e per dare forma a una nuova routine che possa aiutarci ad affrontare questa situazione contenendone gli effetti negativi.
È importante pertanto:
Sostare nelle emozioni positive rafforza la nostra risposta immunitaria, al contrario il rimuginio e la costante percezione di pericolo aumentano nel nostro organismo il rilascio di adrenalina, noradrenalina e cortisolo, noti come ormoni dello stress e capaci di interferire con il funzionamento del nostro sistema immunitario.
Sono certa che questo tempo ha un valore, di cui ci renderemo conto probabilmente dopo. Quello di rimetterci in contatto con le cose importanti della vita e con noi stessi, di non farci dare per scontato ciò che abbiamo e il valore della nostra LIBERTÀ, di farci recuperare il senso profondo dell'essere COMUNITÀ oltre che individui.
Hartsougt, D. M. (1985). Disaster Work and Mental Health. Prevention and Control of Stress Among Workers. National Institute of Mental Health, DHHS Publication
Solomon, R. M., Macy, R., D. (2003). La gestione dello stress da eventi critici. In M. Giannantonio (a cura di) (2003), 365-387
Dott.ssa Anna Rossi
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria
Dott.ssa Anna Rossi
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria
Iscritta dal 2007 all’Albo degli Psicologi della Regione Calabria n. 1052
Laureata nel 2005 in Psicologia, indirizzo psicologia del Lavoro
P.I. 02638050803