Il potere e le sue declinazioni

Il potere e le sue manifestazioni - Dott.ssa Anna Rossi Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria

Il potere ha bisogno di ginocchia
La libertà ha bisogno di teste

L’origine del termine potere rimanda al latino possum, possedere, da cui il concetto assai diffuso ancora oggi di “persona di potere” come possidente e l’idea di potere come dimensione economica e obiettiva. Si tratta, in altri termini, di una concezione che reifica il potere, parificandolo a una merce che può essere acquisita, trattenuta, persa, e che fonda ogni attività di persuasione sulla dinamica minaccia del malessere/promessa del benessere. Le manifestazioni, a livello organizzativo, dell’esercizio di una tale forma di potere si sostanziano in una cultura di tipo gerarchico-paternalistico i cui valori fondamentali sono il rispetto totale all’autorità, la sottomissione a decisioni unilaterali, la rinuncia alla propria espressività in cambio di approvazione, sicurezza e protezione da parte dell’autorità stessa. All’interno di questo quadro la conflittualità interna viene considerata un disvalore, mentre la pace a tutti i costi un obiettivo da perseguire, paradossalmente, anche attraverso il dominio di una parte sull’altra.

In realtà il potere, se guardato da un’ottica psicologica, ha anche altre fattezze che ne esprimono il carattere costruttivo e non solo quello oppressivo: il potere di, invece del potere su o del potere contro, è una caratteristica propria dell’essere umano che consente di plasmare la realtà in una dimensione di autonomia, autogoverno e libertà, dando spazio alle proprie motivazioni autorealizzative. In un’ottica di gruppo e collettiva, dove l’individuo si trova con altri in relazioni di interdipendenza, il potere può poi essere declinato in termini di potere con, caratteristico di una cultura di pari in cui viene riconosciuta capacità di azione e libertà espressiva a tutti gli attori organizzativi e dove vi è valorizzazione delle potenzialità insite nella dinamica degli scambi intersoggettivi. A questo proposito Marocci identifica il cambiamento della qualità del potere all’interno delle organizzazioni nel passaggio da una dinamica competitiva, in cui il potere esiste come quantità finita che per essere aumentato in un individuo/gruppo deve essere diminuito in un altro, ad una dinamica partecipativa e distributiva in cui il potere si crea, si moltiplica e viene esercitato con altri. Quest’ultima concezione, lasciando spazio a quella dimensione soggettiva del potere che Spaltro identifica nella “percezione personale di contare e di potere influenzare gli altri”, si avvicina per molti versi al concetto di empowerment: la persona empowered è una persona che ha coscienza di sé, del proprio potere interno e che fa riferimento a un pattern di valori che Piccardo definisce “imprenditoriale-emancipante”. A livello organizzativo l’empowerment si esprime nel senso di controllo che gli individui sentono di avere sul proprio destino in ragione della possibilità di accesso all’autorità formale, alle risorse e alle informazioni necessarie per prendere decisioni. Nell’organizzazione empowered il potere diventa risorsa di cooperazione e di scambio tra pari e il conflitto non viene negato, ma anzi considerato risorsa in grado di attivare energie costruttive e trasformative. Afferma Pagliarani “chi è animato dal bisogno di conoscere, di vedere in sé stesso, nella propria parte e nella parte avversa, nelle tante parti, come stanno le cose, è capace di entrare in una depressione positiva che comporta il pentimento, la riparazione, la rinuncia, l’invenzione di quello che altrimenti non sarebbe inventabile, la messa in atto di una crisi della propria ideologia, della propria religione, della propria fede.

Torbert, muovendosi da una prospettiva intersoggettiva e interazionista, propone una nuova pratica manageriale in cui i leader, esprimendo e incoraggiando relazioni orientate alla reciprocità, al coinvolgimento, alla gestione delle contraddizioni e delle conflittualità, darebbero vita a un sistema organizzativo autocorrettivo e capace di apprendimento continuo. L’autore, individuando 7 fasi di sviluppo personali in tema di potere, identifica negli ultimi tre stadi il potere trasformativo dell’equilibrio, caratterizzato da “un agire etico, curioso, indagativo, comprensivo ed orientato a creare nuovi spazi nei rapporti umani”. A questi livelli l’esercizio del potere non si avvarrebbe dell’arte del convincimento e della persuasione, né tanto meno si fonderebbe su un consenso costruito su un mero scambio di interessi tra gli attori in gioco: si tratterebbe invece di un potere che sollecita le potenzialità espressive, emotive e cognitive degli individui liberando dalla falsa necessità di ciò che convenzionalmente è dato per acquisito, che utilizza le differenze integrandole ma senza negarle, che da spazio a comunicazioni autentiche per la continua creazione di senso plurale e di consapevole consenso.


Bibliografia

G.Marocci (1996), Abitare l’organizzazione. Edizioni Psicologia, Roma

Enciclopedia “Management”. Volume 4: Organizzazione e gestione risorse umane. Il Sole 24 ore - Università Bocconi Editore - La Repubblica

E. Spaltro (1984), Il sentimento del potere. Bollati Boringhieri, Torino

C. Piccardo (1995), Empowerment. Raffaello Cortina Editore, Milano.


Dott.ssa Anna Rossi
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria

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Dott.ssa Anna Rossi
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Calabria

Iscritta dal 2007 all’Albo degli Psicologi della Regione Calabria n. 1052
Laureata nel 2005 in Psicologia, indirizzo psicologia del Lavoro
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